Science for the people – Italia costituisce la sezione italiana della rete internazionale Science for the people
Science for the people-Italia, precedentemente raccoltasi sotto il nome di Scienza di Classe, nasce come un gruppo di lavoratrici e lavoratori della scienza, i quali riflettono sulla complessità socio- politica permeante la produzione scientifica e che vogliono una scienza a supporto degli oppressi del mondo.
In questi ultimi anni la scienza, il suo ruolo nella società e di conseguenza quello delle scienziate e degli scienziati, è stato al centro del dibattito. Il caso più emblematico è stato quello della pandemia in cui virologi, biologi, infettivologi sono stati sotto i riflettori con un’intensità inedita. Attraverso i mezzi di comunicazione, scienziate e scienziati hanno raggiunto la fama delle pop-star, polarizzando il dibattito tra detrattori, che li accusano di essere proni al potere e complici di un sistema opaco che agisce nell’ombra, e apologeti acritici, che ne esaltano l’operato poiché depositari di un sapere assoluto e salvifico. In modo analogo, la crisi climatica ha ridotto gli scienziati e le scienziate al ruolo di “consulenti del potere”, la cui funzione pubblica è di esprimere rimostranza rispetto alla situazione disastrosa del pianeta, senza però che sia offerta loro la possibilità di intervenire realmente nel processo decisionale. In generale, da parte di chi fa scienza, c’è una difficoltà evidente a prendere parola al di là del proprio giudizio strettamente “tecnico” e di considerarsi come un soggetto interno alla dialettica sociale, economica e politica.
Come Science for the people - Italia, tenendo conto di questa dialettica, articoliamo la nostra analisi a partire dal presupposto che la scienza non è neutrale.
In particolare intendiamo questo postulato in tre principali accezioni.
- Non è neutrale negli scopi che si prefigge. I finanziamenti privati dominano la ricerca e anche il settore pubblico ormai opera in un rapporto ancillare agli interessi delle aziende, privilegiando progetti che hanno un’immediata profittabilità, piuttosto che una ricaduta positiva in termini sociali.
- Non è neutrale sul piano del processo scientifico . Il capitalismo non rimane fuori dalla porta dei laboratori, anzi: la concreta organizzazione del processo produttivo scientifico ricalca quella dell’impresa capitalistica. Basti pensare alla logica competitiva portata all’estremo del publish or perish, che riduce drasticamente la qualità della ricerca, in una gara spasmodica a pubblicare di più, generalmente peggio, in modo da scalare le classifiche dell’H-Index. I lavoratori della scienza, inoltre, si trovano oppressi non solo dalle forti gerarchie interne e da un vortice burocratico senza fine, ma anche dalla scarsa retribuzione e da una crescente precarietà diffusa, in un quadro che si configura come di effettivo sfruttamento. Come in ogni impresa, anche nell’ambito della produzione scientifica, pochi individui gestiscono fondi milionari e li investono in personale specializzato e in strumentazione all’avanguardia, al fine di alimentare il proprio prestigio e trarne lauti profitti.
- Non è neutrale sul piano del discorso che produce . La stessa pretesa di neutralità scientifica è infatti funzionale a legittimare e “naturalizzare” lo status quo: la comunicazione egemonica dei potenti si avvale di metafore, concetti e termini mutuati dall’ambito scientifico, rappresentando impostazioni ideologiche e scelte politiche come risultato di un calcolo razionale, piuttosto che come il prodotto dei rapporti di forza strutturali al capitalismo. Allo stesso tempo, il mito dello scienziato come essere superiore, divinatore di misteri e genio individuale giustifica in qualche maniera la precarietà materiale, in uno scambio perverso con un supposto prestigio sociale e godimento intellettuale.
A partire da questa analisi, come Science for the people - Italia, riconosciamo il nostro ruolo di lavoratrici e lavoratori, produttori di un sapere che trova la propria applicazione all’interno di un determinato sistema sociale, retto da rapporti di forza di tipo capitalistico. Questa consapevolezza impone anche il rifiuto di qualsiasi approccio corporativistico ed esclusivo, che ponga la figura del ricercatore come separata (se non addirittura superiore) rispetto ai lavoratori manuali, agli altri tecnici e agli studenti: queste persone hanno un ruolo fondamentale nella produzione scientifica, ruolo che deve essere riconosciuto.
Quanto fino ad ora stabilito, per noi di Science for the people - Italia trova la propria dimensione politica nella lotta per la democratizzazione della scienza. Questa è possibile solo se portata ad un duplice livello, dentro e fuori il processo produttivo. Lottiamo per una trasformazione radicale dei procedimenti interni al dibattito scientifico: vogliamo poter decidere cosa ricercare, come ricercare, quando ricercare e dove ricercare e vogliamo farlo attraverso una stretta connessione con le comunità, i territori ed i settori più marginalizzati delle nostre società. Queste sono condizioni essenziali affinché posizioni di potere, interessi economici e pregiudizi non distorcano il processo scientifico, delegittimandolo. Vogliamo produrre conoscenze, tecnologie etiche ed utili per le classi subalterne delle nostre società, per coloro che nel mondo sono stati esclusi dal benessere occidentale. In poche parole, concepiamo il nostro ruolo e i nostri interessi in modo organico alla classe a cui apparteniamo. Vogliamo costruire un ponte che metta in connessione le scoperte della scienza con chi queste scoperte vuole utilizzarle per migliorare l’esistenza di tutte e tutti e, parallelamente, portare a scienziate e scienziati le prospettive dei movimenti sociali e politici, cercando di comprendere quanto il nostro ruolo è prezioso quando è al servizio di cause giuste.
Pensiamo, poi, che un corretto lavoro di divulgazione scientifica sia fondamentale per il successo di questa lotta. Ci opponiamo ad un approccio divulgativo che vede le masse popolari come una informe moltitudine di ignoranti e che, di conseguenza, concepisce il lavoro comunicativo al meglio come la somministrazione di verità indiscutibili e al peggio come un bastone con cui bacchettare ogni opinione divergente. Questo approccio è funzionale ad escludere ogni potenziale dissenso sugli scopi, il ruolo e la pianificazione della scienza. È necessario ristabilire un rapporto di fiducia reciproca tra i lavoratori della ricerca e le persone comuni, che devono sentirsi partecipi ed integrate nel processo scientifico. Allo stesso tempo, lottiamo con forza per difendere il carattere razionale del processo di produzione scientifica. Esso deve realizzarsi come strumento per indirizzare la società verso l’emancipazione del genere umano, in equilibrio con la natura. In questo senso, ci opponiamo anche ad un relativismo ingenuo, che spesso ammicca al complottismo e che vede la scienza esclusivamente come una marionetta manovrata dal potere.
Come Science for the people - Italia proponiamo, infine, che si restringa fino ad eliminarsi la distanza creata tra scienze “dure”, scienze applicate, scienze sociali e la loro critica filosofica ed epistemologica. Sappiamo di avere bisogno di ogni campo del sapere per trasformare lo stato di cose e perciò ci assumiamo la responsabilità di formarci su tutti i temi che possono arricchirci come scienziate e scienziati nella società. Pretendiamo che nei corsi scientifici siano messi in risalto o si aggiungano corsi di filosofia, storia e sociologia della scienza, discipline fondamentali per lo sviluppo della capacità critica e che solo raramente impariamo nei margini di tempo libero durante gli anni del nostro lavoro. Per una scienza democratica. Per una scienza dalla parte della maggioranza e non dei pochi. Per una Scienza di Classe.