Nel maggio 2018, più di duemila ricercatrici e ricercatori dell’Università di Washington hanno aderito a quello che è stato lo sciopero più grande nello Stato di Washington degli ultimi tre anni. Circa la metà delle persone che vi hanno partecipato erano laureate nel campo delle discipline STEM, mentre l’altra metà rappresentava tutte le altre discipline accademiche. Prima dello sciopero, una vertenza durata 4 mesi aveva assicurato la vittoria su molte, anche se non tutte, le priorità contrattuali e, alla fine, il 92% degli/lle iscritti/e al sindacato ha votato per rifiutare “l’ultima offerta” fatta dall’amministrazione e iniziare lo sciopero. Nel passaggio da questa “ultima” offerta al contratto effettivamente siglato dopo lo sciopero, sono stati aggiunti 1,3 milioni di dollari ulteriori di compensazione diretta oltre a numerosi altri benefit migliorativi come la tutela gratuita della salute mentale, l’aumento di sussidi per la cura dei figli, nuovi benefit a tutela della salute di lavoratrici e lavoratori trans, un nuovo programma anti-molestie gestito da lavoratori e lavoratrici e la garanzia contrattuale che non sarebbero state introdotte nuove tasse universitarie.
Io sono stata una delle 17 persone che hanno fatto parte della delegazione del nostro sindacato, la UAW Local 4121, e ho partecipato alla mobilitazione e alle negoziazioni con l’amministrazione. In questo articolo, intendo fornire uno spaccato su come abbiamo consolidato il nostro potere e strappato un solido contratto, cosicché i lavoratori e le lavoratrici STEM che si avvicinano per la prima volta alle mobilitazioni possano farsi un’idea complessiva di come funziona. Con l’occasione voglio anche restituire ciò che ho imparato da questa esperienza: per conseguire grandi obiettivi come l’aumento di stipendio è cruciale organizzarsi in base alle necessità delle specifiche categorie di persone lavoratrici, in modo da mantenere coinvolte all’interno del movimento quante più persone possibile. E per ottenere questo, è altrettanto cruciale avere una leadership che rifletta le diversità tra i membri.
Coinvolgere chi lavora sulla base delle priorità di iscritte e iscritti
Un sindacato acquisisce il potere di attuare cambiamenti trasformativi sul luogo di lavoro solo coinvolgendo la grande maggioranza dei/lle suoi/e iscritti/e in azioni collettive, e per fare questo occorre lottare per obiettivi che siano rivendicati da tutte le persone coinvolte e che possano portare loro benefici diretti. Chiunque lavori nelle STEM, ad esempio, necessita di uno stipendio adeguato, di un’adeguata copertura sanitaria e di un lavoro sicuro. Nonostante questo, però, le diverse persone hanno identità che vanno al di là dell’essere semplicemente lavoratori e lavoratrici STEM, quali ad esempio etnia, orientamento sessuale e genere, ma anche il loro paese d’origine, la loro cittadinanza e la certificazione del loro status di migranti e, infine, la loro condizione genitoriale, le loro condizioni di salute o le loro disabilità. Quando arrivano sul posto di lavoro, i lavoratori e le lavoratrici non lasciano le loro identità all’ingresso, e le persone che lavorano nelle STEM possono avere esperienze molto differenti in base alle loro identità pur svolgendo lo stesso lavoro. Pertanto, anche le priorità legate alle loro identità devono essere difese dal sindacato.
Ma questa strategia di estensione degli obiettivi contrattuali aiuta effettivamente le persone lavoratrici a ottenere uno stipendio migliore? Dialogando con centinaia di lavoratori e lavoratrici mi è capitato di ascoltare l’obiezione per cui, visto che l’aumento di stipendio porta benefici a ogni lavoratore e lavoratrice mentre obiettivi più mirati riguardano solo una piccola parte, allora bisognerebbe abbandonare questi obiettivi “minori” per dirigere la capacità di organizzazione verso obiettivi “più grandi”. Ciò che sfugge a questo ragionamento, però, è che la capacità del sindacato di ottenere obiettivi contrattuali è direttamente proporzionale al numero di persone che vi lavorano insieme. Obiettivi come l’aumento di stipendio o l’accesso alla sanità sono priorità essenziali di un sindacato e anzi, per via delle disuguaglianze storiche nella retribuzione esse avvantaggiano in misura maggiore lavoratori e lavoratrici appartenenti a gruppi emarginati. Detto ciò, nuove tutele e benefici che sembrano esclusivamente rivolti a gruppi ristretti di lavoratori e lavoratrici in realtà apportano vantaggi a tutte le persone lavoratrici (anche se in modo indiretto), poiché aumentano il potere di opporsi ai datori di lavoro e di apportare cambiamenti sul posto di lavoro. Da molte conversazioni con lavoratori e lavoratrici risultava chiaro che questi obiettivi “minori” (ad esempio, i diritti delle persone trans, le tutele contro le molestie) erano in realtà della massima priorità per molte/i iscritte/i attive/i nella campagna contrattuale e per gli attivisti e le attiviste che avevano investito tempo ed energie per coinvolgere colleghe e colleghi. Dunque, se il nostro sindacato avesse eliminato tutti gli obiettivi contrattuali tranne l’aumento salariale, avremmo demotivato molte/i iscritte/i e alcune/i tra le/gli attiviste/i più attive/i. Questo avrebbe soltanto reso più difficile ottenere un aumento salariale significativo. Dal punto di vista del datore di lavoro, dire di no a una sola richiesta è altrettanto facile che dire di no a dieci, ma è più difficile dire di no a un gruppo numeroso di lavoratori e lavoratrici in sciopero piuttosto che a uno ridotto. Pertanto, mettere insieme obiettivi contrattuali diversi serve a coalizzare il numero più ampio possibile di lavoratrici e lavoratori.
Per stabilire quali fossero le necessità dei nostri membri prima che iniziassero le trattative contrattuali, abbiamo condotto un sondaggio tra i lavoratori e le lavoratrici accademiche e abbiamo lavorato per settimane per ottenere risposte dalla maggioranza di tutte le persone coinvolte. Abbiamo poi fissato per iscritto questi obiettivi in un elenco di richieste contrattuali e, di nuovo, abbiamo ottenuto che la maggioranza firmasse questa petizione: questo elenco di oltre duemila nomi è stato stampato su un enorme poster che abbiamo portato con noi agli incontri di contrattazione. Queste due azioni hanno funzionato secondo quelli che la studiosa Jane McAlevey definisce “test di struttura”, ossia come occasioni in cui i/le iscritti/e al sindacato partecipano in massa a un’azione collettiva, permettendo di individuare e formare nuove/i leader sindacali 1. La nostra strategia di base per ciascun/a partecipante al tavolo negoziale era la seguente:
- ogni persona sceglieva uno o più dipartimenti da organizzare,
- lavorava con delegate/i e attiviste/i di base per individuare in ogni laboratorio, ufficio o luogo di lavoro un/a iscritto/a che fosse di supporto nell’aiutare a diffondere il messaggio tra colleghi/e;
- le persone che si occupavano dell’organizzazione parlavano con il maggior numero possibile di lavoratori e lavoratrici per ottenere una partecipazione maggioritaria al sondaggio e alla petizione. Abbiamo fatto in modo che chi lavorava nel campo della fisica parlasse di preferenza con altre persone nello stesso campo, e così nella chimica ecc., in modo da costruire reti solide di lavoratori e lavoratrici dello stesso campo che potessero poi essere attivate nella mobilitazione.
Dal sondaggio condotto prima delle trattative, la maggior parte delle persone riteneva urgente un aumento significativo del salario e una riduzione delle tasse universitarie, in modo da poter far fronte all’elevato costo della vita nel mercato immobiliare di Seattle; c’era inoltre una volontà diffusa di proteggere i programmi di assistenza sanitaria senza franchigia che erano stati ottenuti con i contratti precedenti. È da notare poi come molte persone avessero espresso una forte urgenza riguardo agli obiettivi legati alla sicurezza sul posto di lavoro, che includevano temi come la maggiore protezione contro le molestie e il sostegno finanziario e accademico alle vittime di abusi e molestie. Inoltre, il sondaggio evidenziava un grande sostegno alle rivendicazioni specifiche di determinate comunità, come il maggiore supporto per lavoratori e lavoratrici internazionali, l’accesso e l’assistenza sanitaria all’affermazione di genere, e un ampliamento dell’accesso e del sostegno economico per l’infanzia. Tutti questi obiettivi sono diventati centrali nella nostra campagna.
Soddisfare esigenze diverse tramite l’azione collettiva
Il fulcro della nostra strategia negoziale è stata la partecipazione di massa delle persone iscritte al sindacato ai tavoli negoziali con l’amministrazione 2. Riempiendo di iscritte/i la sala delle trattative abbiamo dimostrato all’amministrazione la nostra forza organizzativa e, cosa ancora più importante, abbiamo costruito un senso di urgenza e fiducia tra le nostre fila. Per ogni tema in discussione abbiamo portato una/o o più lavoratori e lavoratrici a condividere la loro esperienza e a spiegare con parole proprie perché fosse necessario modificare il contratto. Un’astronoma ha parlato delle difficoltà nel trovare e pagare i servizi di assistenza all’infanzia. Un ingegnere iraniano ha sottolineato il bisogno di maggiore sostegno per i/le quasi cento lavoratori e lavoratrici nell’accademia colpiti/e dal travel ban imposto da Trump. Una biologa ha evidenziato le carenze delle disposizioni universitarie in materia di congedo per lutto. Numerose scienziate hanno condiviso le proprie esperienze di molestie all’interno dell’università e parlato di come le nostre rivendicazioni contrattuali potessero apportare miglioramenti all’ambiente di lavoro. Diverse persone trans hanno sostenuto la necessità di includere nel programma sanitario l’assistenza all’affermazione di genere, che altrimenti risulterebbe inaccessibile dal punto di vista economico. Da semplici parole scritte su dei fogli quali erano, queste richieste sono state associate ai volti, ai nomi e alle vite delle persone che le avanzavano, aumentando la consapevolezza di lavoratrici e lavoratori riguardo alle esigenze delle loro colleghe e colleghi e creando una solidarietà duratura tra categorie diverse di lavoratrici e lavoratori, cosa che ha rafforzato la nostra vertenza.
La partecipazione massiccia alle negoziazioni ha inoltre fornito alle/i nostre/i iscritte/i un’esperienza diretta delle spietate tattiche adottate dall’amministrazione, il che ha ulteriormente motivato le persone ad attivarsi. Mesi di negoziazioni altalenanti sono sfociate in un’azione finale di grande portata, in cui oltre quattrocento iscritte/i al sindacato hanno riempito la sala delle trattative e i corridoi antistanti per chiedere una retribuzione migliore 3. Sebbene neanche questa mobilitazione di massa sia riuscita a strappare miglioramenti apprezzabili rispetto all’“ultima” offerta dell’amministrazione, essa ha dato a iscritte e iscritti il coraggio di respingere con forza la proposta e indire il primo sciopero che fosse stato proclamato dal lontano 2001 4. Alla fine, un mese di agitazioni, scioperi e contrattazioni ci ha permesso di raggiungere tutti i principali obiettivi contrattuali, incluso l’aumento della retribuzione e un ampliamento dei benefit su molti fronti.
Una conquista degna di nota, che merita di essere esaminata in dettaglio, riguarda le nuove disposizioni contro le molestie: esse includono nuove tutele contro le ritorsioni dopo la denuncia di un episodio di molestia, un nuovo sondaggio annuale sull’equità elaborato congiuntamente e con pubblicazione ufficiale dei dati sulle molestie, e un nuovo programma formativo finanziato dall’università ma sviluppato e realizzato da ricercatrici e ricercatori stipendiate/i. Mentre spesso i corsi obbligatori sulle molestie imposti dai datori di lavoro servono soltanto a limitare la loro responsabilità giuridica nelle cause legali, il nostro programma innovativo si concentra sul cambiamento dei rapporti di potere e della cultura sul luogo di lavoro, creando nuove norme comunitarie per prevenire le molestie e fornire alle persone gli strumenti per affrontarle quando si verificano. Inserire queste protezioni direttamente nel contratto dimostra che il concetto di sicurezza sul lavoro può essere ampliato se lavoratori e lavoratrici si uniscono per difenderlo. Peraltro, queste diverse lotte si intrecciano e si rafforzano a vicenda. Ad esempio, ottenere protezioni contro le molestie e ampliare le misure di conciliazione sul posto di lavoro (come ad es. garantire la disponibilità diffusa di bagni neutri, aumentare l’accessibilità del campus a persone disabili, istituire spazi per l’allattamento dedicati a lavoratrici e lavoratori con figli) non solo tutela le persone più vulnerabili nel mondo accademico, ma rafforza anche il potere del sindacato nel trasformare le condizioni e l’ambiente fisico del luogo di lavoro, rendendolo complessivamente meno ostile e più dignitoso per ogni persona. Ciò si è dimostrato in modo particolare nel periodo del COVID-19, durante il quale l’adozione di standard di sicurezza e misure di accomodamento per le persone malate o immunodepresse è stata al centro di forti conflitti tra dipendenti e amministrazioni in tutti i settori. Infine, è importante sottolineare che, sebbene la forza di un sindacato sia direttamente proporzionale alla partecipazione attiva dei suoi membri di base, sarà sempre e solo un nucleo ristretto a mettere a disposizione centinaia di ore e a dedicare tutto sé stesso all’organizzazione di una vertenza. Nella mia esperienza, molte delle persone più impegnate nell’organizzazione sono spinte dal profondo desiderio di sostenere e valorizzare l’intera comunità. Questo obiettivo si può raggiungere non solo ottenendo una migliore retribuzione diretta, ma anche combattendo razzismo, sessismo, omofobia, transfobia, xenofobia, ecc., attraverso la conquista di nuovi diritti nei luoghi di lavoro e la promozione di politiche più giuste a livello locale, statale e federale. In effetti, le campagne basate su questioni identitarie rappresentano spesso un canale privilegiato per coinvolgere nuove persone nell’attività sindacale più generale, e pertanto è strategico che gli obiettivi incentrati sulle esigenze della comunità abbiano un ruolo centrale nelle vertenze contrattuali.
Organizzarsi per obiettivi locali, conquistare potere per obiettivi generali
Perché un sindacato possa raggiungere gli obiettivi contrattuali più ambiziosi è essenziale che il maggior numero possibile di iscritte/i partecipi attivamente alla lotta. Per ottenere questo risultato, è necessario dare priorità agli obiettivi contrattuali specificamente legati ai bisogni delle diverse comunità di lavoratori e lavoratrici. Un’altra necessità concreta è lo sviluppo costante di nuove figure di leadership e reti organizzative, in modo che il potere conquistato da lavoratori e lavoratrici sia conservato anche nel passaggio da una campagna contrattuale all’altra. Uno dei metodi più efficaci a questo proposito è lanciare vertenze su obiettivi locali la cui importanza sia riconosciuta da gruppi specifici di persone. Riporto qui tre esempi di lavoratori e lavoratrici STEM che, nell’anno precedente alle trattative contrattuali, hanno organizzato vertenze su obiettivi mirati. Il potere negoziale acquisito in queste occasioni ha portato a una partecipazione alla vertenza contrattuale e allo sciopero superiore alla media dei loro dipartimenti e, in molti casi, diverse/i leader di questi movimenti sono state/i poi elette/i a ruoli di rappresentanza nel sindacato.
In un dipartimento di scienze della vita con una popolazione studentesca a maggioranza femminile, un professore molto rispettato era tristemente famoso per le “battute” volgari, culturalmente insensibili e a sfondo sessuale che faceva a lezione. Poiché costui insegnava ogni anno un corso introduttivo obbligatorio, studentesse e studenti si trovavano esposte/i a un ambiente ostile. La mobilitazione a livello dipartimentale ha portato a una petizione firmata da quasi il 100% di studentesse e studenti del dipartimento, seguita dalla presentazione di un reclamo formale. Il professore è stato infine rimosso dal corso e gli è stato vietato di avere assistenti sotto di sé. Questa campagna non solo ha migliorato significativamente il clima nel dipartimento, ma è stata anche fondamentale per fornire lo slancio necessario a inserire nel contratto nuove tutele contro le molestie. Inoltre, una delle figure centrali in questo impegno è diventata un’importante attivista sindacale nella vertenza, riuscendo a far aderire allo sciopero il 90% del suo dipartimento.
In un dipartimento di scienze fisiche, dottorandi e dottorande erano molto insoddisfatte del numero insolitamente basso di donne nei nuovi cicli di dottorato. I mesi successivi di interlocuzione con l’amministrazione, per lo più tramite il comitato per la Diversità, l’Equità e l’Inclusione, non hanno portato a nessuna nuova misura che incentivasse effettivamente la selezione di donne ed esponenti di minoranze. In risposta a ciò, un nuovo comitato organizzativo di dottorande/i ha redatto una petizione per chiedere nuove misure di selezione e mantenimento e, parlando individualmente con ciascun/a dottorando/a, è riuscito a ottenere un’adesione del 70%. Questa azione collettiva si è infine tradotta in un cambiamento nelle politiche che, nell’anno successivo, ha portato a un numero record di selezioni tra donne ed esponenti di minoranze. In questa campagna locale, la resistenza principale dell’amministrazione muoveva dall’idea che dottorande e dottorandi non dovessero avere voce in capitolo in decisioni amministrative come quelle che riguardano le selezioni. Al contrario, l’obiettivo dei sindacati dovrebbe essere proprio quello di allargare i confini di ciò che può essere oggetto di contrattazione e conquistato tramite la mobilitazione anche al di fuori del contratto. Mesi dopo questa vittoria, lo stesso comitato organizzativo è riuscito a far sì che la grande maggioranza di colleghi e colleghe del dipartimento si unisse al picchetto, dimostrando ancora una volta come le reti organizzative possano essere riattivate durante nuove azioni.
In un altro dipartimento, ricercatori e ricercatrici nel campo delle scienze climatiche si erano impegnate per anni a sostenere iniziative referendarie per l’introduzione di una tassa sul carbonio nello Stato di Washington. I loro sforzi prevedevano certamente attività di sensibilizzazione pubblica sotto forma di comunicati e volantinaggi, ma l’impatto più grande lo ha probabilmente avuto la partecipazione a riunioni dei consigli sindacali a livello locale e statale, dove sono riuscite a conquistare il sostegno di iscritte/i al sindacato in settori tradizionalmente ostili alle politiche ambientali. Questi sforzi organizzativi sono continuati anche dopo che le iniziative referendarie sono state sconfitte a causa delle cifre da record che l’industria dei combustibili fossili ha investito in campagne pubblicitarie. L’anno successivo, il parlamento statale ha potuto approvare la legge sull’energia verde più ambiziosa di tutta nazione grazie anche al largo sostegno del movimento sindacale, garantito dalle solide garanzie offerte a lavoratrici e lavoratori 5. Durante i mesi della nostra vertenza contrattuale, tra lavoratori e lavoratrici di quel dipartimento si sono registrati alcuni tra i più alti tassi di partecipazione ai tavoli di contrattazione, alle azioni dirette e allo sciopero, frutto delle competenze organizzative e delle relazioni costruite durante la campagna referendaria sul clima.
Conclusione
L’organizzazione sindacale non deve essere vista come un gioco a somma zero in cui dare priorità agli obiettivi specifici delle comunità significa indebolire gli obiettivi finanziari generali. La nostra esperienza sindacale all’Università di Washington ha dimostrato che mettere al centro obiettivi cruciali per le diverse comunità di lavoratori e lavoratrici tiene coinvolte le persone nella lotta e aumenta le possibilità di ottenere conquiste fondamentali quali aumenti salariali e assistenza sanitaria accessibile. È importante che la leadership sindacale sia composta da membri provenienti da queste diverse comunità, perché ciò rende il sindacato più coeso e reattivo sia durante le trattative che durante il resto dell’anno. Offro questa prospettiva nella speranza che possa essere utile ad altri/e lavoratori/trici STEM nei loro sforzi organizzativi.
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Jane McAlevey, “No Shortcuts: Organizing for Power in the New Gilded Age” (Oxford University Press, 2016), 34–35; The Harvard Law Forum, “Building Worker Power in The New Gilded Age: Jane McAlevey at The Harvard Law Forum,” filmed April 12, 2018, YouTube video, 59:32, April 12, 2018, https://www.youtube.com/watch?v=UoOZFEyxBBU ↩
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McAlevey, “No Shortcuts: Organizing for Power in the New Gilded Age”, 57; Theresa Aliwarga, et al., “Provost Admits ‘No Plan to Deal with Rent Increases’»Last day to Vote»6 Days Until Expiration!”, UAW Local 4121, April 24 2018, https://www.uaw4121.org/provost-admits-no-plan-to-deal-with-rent-increaseslast-day-to-vote6-days-until-expiration/ ↩
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Theresa Aliwarga, et al., “400 Members Removed from Bargaining by Police,” UAW Local 4121, April 30, 2018, https://www.uaw4121.org/400-members-removed-from-bargaining-by-police/ ↩
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Jane Hadley, “TA Strike Ending with Quarter at UW,” Seattle Post-Intelligencer, June 14, 2001, https://www.seattlepi.com/local/article/TA-strike-ending-with-quarter-at-UW-1057335.php ↩
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“100% Clean Electricity Legislation Passes Washington State Senate in Historic Vote,” Audubon Washington, April 6, 2019, https://wa.audubon.org/news/100-clean-electricity-legislation-passes-washington-state-senate-historic-vote ↩